Politica 13:02 | 27/08/2025 - Romagna

Rimini, il 40% sotto i 15.000 euro: il ceto medio è sotto pressione. Petitti (Pd): “Reddito di cittadinanza regionale, salario minimo, tariffe eque: serve una svolta progressista”

Il disagio del ceto medio è il dato nazionale del momento. In Emilia-Romagna, grazie agli interventi della Regione e delle amministrazioni locali, la tenuta è migliore rispetto ad altre aree del Paese. Ma i numeri parlano chiaro: esistono squilibri territoriali profondi che vanno affrontati con freddezza e lucidità, per costruire misure di sostegno e riequilibrio capaci di proteggere chi lavora e rischia di scivolare nella fragilità. A Rimini, oltre il 40% dei cittadini dichiara meno di 15.000 euro annui. Il reddito medio si ferma a 24.230 euro (a Bologna il più alto della regione, oltre 31.000 euro), mentre l’inflazione locale ha superato il 2,8% annuo (a Reggio Emilia la più bassa, pari allo 0,8%). Il ceto medio, quello che lavora, paga le tasse e tiene in piedi la comunità, è oggi il più esposto.

È il momento di agire con misure strutturali di riequilibrio regionale – afferma Emma Petitti, vicesegretaria regionale PD e consigliera dell'Emilia-Romagna –. La strada segnata a Bologna con lo scudo per il ceto medio, promosso dal sindaco Lepore e sostenuta anche dal professor Zamagni, può diventare un riferimento per altri territori. Ma la regia deve essere regionale, per garantire maggiore equità e correggere gli squilibri tra le diverse aree dell’Emilia-Romagna.”

Uno squilibrio che pesa sul ceto medio

Il sistema fiscale regionale è uniforme, ma la realtà no. A Rimini, una famiglia media affronta un’inflazione del 2,8%, che si traduce in un costo aggiuntivo di oltre 770 euro annui, il più alto in Emilia-Romagna (a Reggio Emilia l’aumento minore, pari a circa 220 euro). Una differenza che, tra i diversi territori della regione, può arrivare fino a 550 euro nel corso dell'anno. Le imposte locali, le tariffe dei servizi e le detrazioni fiscali restano uguali ovunque, ignorando il peso reale che grava sulle famiglie. È un paradosso che non può più essere ignorato.

Tre assi per uno scudo sociale 

1. Reddito di cittadinanza regionale

Un contributo mensile per chi lavora ma non riesce a far fronte al caro vita.

2. Salario minimo garantito

Una soglia di dignità salariale da applicare nei contratti pubblici e negli appalti regionali.

3. Tariffe eque per il ceto medio 

Un patto territoriale per l’accesso equo ai servizi essenziali — trasporti, sanità, istruzione — con attenzione alle famiglie a reddito medio.

La sinistra – conclude Petitti – deve tornare a parlare a chi lavora, a chi ha paura di non farcela, a chi non ha voce. Se il governo ignora il disagio sociale, l’Emilia-Romagna può diventare laboratorio di una nuova stagione di diritti, welfare e sostegno al reddito. Intendo portare queste proposte nel confronto interno al PD, per tradurle in azioni concrete anche in sede regionale.”

Cronaca