Si chiama “Ricostruire il domani”. È il progetto pensato da “Rete Donna”, l’associazione costituita da donne, con l’obiettivo di accogliere e sostenere le donne vittime di qualsiasi tipo di violenza (psicologica, economica, fisica, ostetrica, sessuale, simbolica) e di scardinare i presupposti culturali che la generano e la alimentano. Un progetto che verrà presentato alla città venerdì 19 dicembre, alle 19, nella Santa Colomba, all’interno della Diocesi di Rimini.
“Da anni ci occupiamo di seguire donne vittime di violenza per cercare di realizzare una loro liberazione dalla fragilità esistenziale in cui versano e un conseguente loro reinserimento nella vita sociale, con nel cuore la speranza di poter incontrare e percorrere un progetto buono che realizzi il loro desiderio di felicità, di tranquillità, di socialità positiva - dicono le responsabili -. Questo attraverso l’impegno di volontari, volontarie e consulenti professionali esterni in materia di psicologia, patologie da dipendenze, criminologia, diritto e contabilità”.
Oltre all’attività principale con le donne vittime di violenza, l’associazione ha recentemente maturato esperienze collaterali anche nel reinserimento sociale di soggetti in uscita dal sistema penale, in collaborazione con l’Uepe di Rimini.
“Queste esperienze restano marginali rispetto al focus del progetto, ma testimoniano la nostra attenzione più ampia verso le situazioni di fragilità umana e sociale. Operativamente, il progetto prevede la costituzione di una cooperativa sociale dedicata alla formazione e all’inserimento lavorativo delle persone fragili, attraverso la sensibilizzazione del tessuto sociale e produttivo. Interlocutori privilegiati saranno il Terzo Settore, il mondo bancario, enti e fondazioni attivi nel sostegno a progetti sociali e, in particolare, le imprese benefit. Siamo consapevoli che il lavoro, soprattutto per le persone fragili, è un diritto fondamentale, riconosciuto dalla Costituzione italiana. Tuttavia, la sua effettiva realizzazione richiede un patto sociale tra istituzioni, imprese e comunità. In questo desiderio non siamo soli, ma parte di una rete che, in varie zone d’Italia, ha già dimostrato come sia possibile accompagnare persone fragili in percorsi formativi e lavorativi capaci di restituire dignità, autonomia e senso del possibile”

Max 11° 




















