In tutta Italia, il tema della casa è diventato una vera emergenza sociale. I prezzi continuano a salire, soprattutto nelle città e nei territori a forte vocazione turistica — come Rimini — dove la pressione del mercato immobiliare è altissima. Secondo l’Agenzia delle Entrate il prezzo medio di vendita degli immobili residenziali a Rimini ha superato i 2.800 euro al metro quadro, mentre i canoni di locazione si attestano intorno ai 12 euro al metro quadro. Un bilocale da 60 m² costa quindi circa 720 euro al mese.
Nel frattempo, i dati retributivi di ARAN e ISTAT parlano chiaro:
- Un insegnante guadagna tra 1.400 e 1.650 euro netti al mese.
- Un infermiere percepisce tra 1.600 e 1.850 euro netti.
- Un educatore assunto nel settore pubblico guadagna in media 1.500–1.700 euro netti.
La soglia di sostenibilità raccomandata per la spesa abitativa è del 30% del reddito mensile. A Rimini, queste categorie arrivano a spendere oltre il 50% dello stipendio per affitto o mutuo. Non si tratta più solo di lavoratori stagionali o famiglie fragili: oggi anche chi cura, chi educa, chi forma — chi lavora ogni giorno per la comunità — rischia di non trovare casa.
“Le istituzioni locali, dalla Regione Emilia-Romagna ai Comuni – ricorda Emma Petitti, vicesegreteria del PD Emilia-Romagna e consigliera regionale - ne sono pienamente consapevoli e stanno già facendo molto, spesso andando ben oltre le risorse e i ruoli assegnati. Un esempio concreto è il Piano Casa regionale da 300 milioni di euro, presentato dall’Assessore Paglia. A mancare, invece, è una risposta forte e strutturale da parte del Governo.
Serve un’integrazione nazionale al piano regionale per l’abitare, in linea con le proposte lanciate dalla segretaria del Pd Elly Schlein:
- Aumentare il Fondo nazionale affitti, con particolare attenzione alle città turistiche e alle aree ad alta tensione abitativa.
- Costruire nuovi alloggi pubblici e studentati.
- Sostenere chi è in difficoltà con il mutuo, con misure di garanzia e rinegoziazione, a partire dalle giovani coppie.
“Il diritto alla casa – conclude la Petitti - non può diventare un privilegio. Deve tornare a essere una garanzia per chi lavora, per chi tiene in piedi i servizi fondamentali. Il rischio non è solo quello di svuotare i centri urbani, ma di indebolire quei legami e quelle competenze che rendono un territorio vivo, coeso, solidale”.

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