Politica 13:11 | 07/07/2025 - Romagna

I gruppi di maggioranza: “Il Festival è Santarcangelo e Santarcangelo è il Festival, chi auspica l’azzeramento dei fondi pubblici e la sua chiusura non sa di cosa parla”

La commissione del Ministero della Cultura dimezza i punti assegnati a Santarcangelo Festival nella graduatoria che assegna i fondi del bando triennale per il teatro e la danza. Nel silenzio assordante del governo sulle motivazioni di un simile provvedimento, le destre locali e nazionali brindano compiaciute alla fine del Festival.

Tanto è già stato detto in questi giorni: parole che ci sentiamo di condividere appieno, da quelle del sindaco Filippo Sacchetti alla dichiarazione del direttore artistico del Festival, Tomasz Kirenczuk, fino alle prese di posizione del presidente Michele De Pascale e dell’assessora alla Cultura, Gessica Allegni, che hanno assicurato al Festival il massimo sostegno da parte della Regione.

Ma da parte nostra vorremmo aggiungere qualche appunto, soprattutto per rinfrescare la memoria a chi finge di non ricordare, non ricorda o non sa, cos’è stato e cos’è il Festival per Santarcangelo, e viceversa, oltre al suo ruolo nella scena del teatro contemporaneo italiana e internazionale.

Chi dai banchi del Parlamento si arroga il diritto di decidere cos’è cultura e cosa non lo è – come del resto ha fatto la commissione ministeriale – dovrebbe forse ricordarsi in quale altra epoca storica si divideva la cultura ufficiale dall’arte degenerata. 

A chi, a livello regionale, parla di merito che “finalmente” sostituirebbe l’ideologia, vogliamo ricordare che da più di mezzo secolo i direttori artistici del Festival sono liberi e autonomi, perché la responsabilità della politica e delle istituzioni è creare per l’arte un terreno di libera espressione.

Chi, infine, da Santarcangelo auspica l’azzeramento dei fondi pubblici al Festival e la sua prossima chiusura, potrebbe recuperare il libro sui primi 50 anni di storia del Festival, e forse allora si renderebbe conto che sta segando il ramo su cui anche lui è seduto.

Perché il Festival da quando esiste ha cambiato Santarcangelo in talmente tanti modi che oramai diventa difficile elencarli: ha dato respiro e notorietà internazionali a un piccolo paese di provincia, ci ha consentito di riscoprire e ripensare spazi inutilizzati o addirittura dimenticati, ci ha dato la possibilità di ammirare gli artisti che hanno fatto la storia del teatro mondiale.

A Santarcangelo, grazie al Festival, sono arrivati artisti e compagnie che si studiano nelle università di tutto il mondo, come Jerzy Grotowski, il Living Theatre e l’Odin Teatret, il premio Nobel Dario Fo con Franca Rame, artisti poliedrici come Giorgio Gaber e Moni Ovadia, protagonisti del teatro nazionale come Ascanio Celestini e Ivano Marescotti, solo per citare i nomi più noti.

E non diteci “ma quello era il vecchio Festival”, perché ricordiamo perfettamente che non vi piaceva neanche allora. Il Festival non vi è mai piaciuto perché da sempre ha uno sguardo internazionale, capace di abbattere gli steccati geografici e ideologici, e per questo rappresenta la cultura di cui abbiamo bisogno soprattutto nel mondo di oggi, dove l’individualismo trova terreno fertile anche grazie ai social e la reazione più semplice ai problemi è erigere muri. 

Non a caso il Festival è stato anche straordinario incubatore di compagnie teatrali, che in Romagna sono presenti con densità e qualità ben più alte della media italiana e mondiale: da Motus a Rimini al Teatro delle Albe a Ravenna, dalla Socìetas Raffaello Sanzio al Teatro Valdoca a Cesena, senza voler contare gli innumerevoli premi Ubu – in pratica gli Oscar del teatro italiano – che a Santarcangelo hanno esordito, sono cresciuti o semplicemente transitati.

Quale altro riconoscimento oggettivo vogliamo trovare alla qualità del Festival oltre ai patrocini di tredici tra enti e istituzioni internazionali ricevuti nel solo 2025, dalla Spagna alla Polonia, dai Paesi Bassi alla Svizzera, dalla Francia al Belgio? Vogliamo parlare dei cento operatori culturali che parteciperanno solo all’edizione di quest’anno, arrivati da tutta l’Italia e dal mondo per vedere gli spettacoli, scoprire gli artisti e le compagnie da proporre nei loro festival o cartelloni teatrali?

E poi c’è Mutonia: non dimentichiamo che la Mutoid Waste Company è arrivata a Santarcangelo nel 1990, invitata dal Festival, ed è rimasta cambiando per sempre la nostra storia. Ora che queste due realtà culturali sono a rischio, cosa resterà di Santarcangelo se entrambe dovessero sparire? Un bel borgo dove si vive bene, come ce ne sono tanti in tutta la Romagna.

Per noi il Festival è Santarcangelo e Santarcangelo è il Festival, né più ne meno. Quindi non faremo mai un passo indietro quando si tratta di difenderlo da tentativi di censura politica come quello in atto. Ci viene detto che il Festival è divisivo: meno male! Se l’arte e la cultura non fossero divisivi, se non ci inducessero a dibattere e confrontarci, sarebbero frutto di un pensiero unico: quello che la destra ci vuole imporre e che noi non siamo e non saremo mai disposti ad accettare.

Attendiamo quindi con curiosità la risposta del governo all’interrogazione parlamentare dell’onorevole Andrea Gnassi e alla richiesta di confronto avanzata al Ministro Giuli da sette assessorati alla Cultura di altrettante Regioni penalizzate dalle scelte ministeriali, che non riguardano solo Santarcangelo ma tante nobili istituzioni del teatro italiano. Nel frattempo continueremo a resistere insieme al Festival, perché non siamo disposti ad arrenderci

Not yet.

I gruppi di maggioranza

Partito Democratico Santarcangelo, Più Santarcangelo, PenSa-Una Mano per Santarcangelo

7 luglio 2025

Cronaca