"Caro Diario, ho provato a fare un confronto tra l’estate del 2015 e l’attuale, usando come base di partenza l’elenco degli hotel attivi in quell’anno.
Dieci anni fa le camere a disposizione dei turisti a Viserbella erano 1798. Oggi tra hotel chiusi e quelli con pessime gestioni conclamate siamo arrivati a 1471 (-22%) a cui potremmo sottrarre altre 121 camere di hotel borderline, cioè strutture che sono si nel territorio ma che non creano sinergie e che comunque non appaiono pienamente limpide, arriviamo a toccare un clamoroso -33% di camere di qualità a disposizione del turismo.
Stesso ragionamento per le attività commerciali. Utilizzando Google Street View si può viaggiare nel tempo, fino al 2010-2011 e scoprire che da allora ad oggi i negozi chiusi sul lungomare sono 15, con altri 8 diventati negozi etnici.
Sarebbe interessante capire il mercato degli appartamenti, che ha avuto un incremento significativo ma che per vari e ovvi motivi è difficile da censire.
Partendo dal fatto indiscutibile che il turismo di massa è finito, faccio alcune considerazioni.
La prima è che senza il mercato degli affitti brevi, il bilancio economico del turismo sarebbe molto peggiore. Gli hotel non riescono più a rispondere ad una parte della richiesta dei viaggiatori. Penalizzarlo sarebbe un suicidio turistico o una vera azione di lobbing da parte della categoria degli albergatori, fermo restando che per i titolari di affitti brevi devono valere tutte le regole e tutte le prescrizioni per garantire al meglio e in sicurezza i soggiorni.
La seconda riguarda il rapporto con tra i turisti e il luogo di villeggiatura. Pensare che siano i Comitati Turistici, quindi dei volontari che ricevono anche i contributi su base volontaria, a doversi occupare dell’accoglienza e dell’intrattenimento è un pensiero anacronistico e fuori dal tempo. Oggi è necessario professionalizzare tutti gli aspetti di un luogo di villeggiatura. Il crollo delle camere disponibili ha intaccato in maniera importante i bilanci di queste associazioni e il contributo comunale non basta più a coprire i costi di una minima programmazione, senza considerare il rischio economico e personale a cui sono sottoposti i consiglieri e la presidenza. Non possiamo ripensare il turismo senza ripensare i comitati turistici nelle loro funzioni e nella loro esistenza.
Terza considerazione: basta bugie, basta dati sulle presenze. Raccontarci che va tutto bene, che la Notte Rosa è stata bellissima serve solo ad esasperare gli animi. La realtà è un’altra cosa e gli operatori la conoscono molto bene. C’è da aggiungere che, appare paradossale ma è così, gli hotel con gestioni orrende sono quelli che fanno più pernottamenti, perché necessitano di “persone” per riciclare il denaro che proviene da fonti illecite.
Se l’obiettivo è aumentare la qualità della clientela è inevitabile il calo del valore delle presenze.
La politica dell’immagine è pronta a questo cambiamento?
Quarta e ultima considerazione: la spiaggia. Se la disponibilità di camere, quindi persone, è calata, ha ancora senso avere tutte queste spiagge? Qualche spiaggia libera in più potrebbe attirare quel tipo di turista che non vuole il mare attrezzato e permetterebbe di togliere offerta in un mercato dove abbonda la disponibilità ma manca la domanda.
Caro Diario, al posto di raccontare una Rimini che non esiste più, forse sarebbe ora di guardarsi in faccia e capire quali sono le necessità. Cosa serve per fare turismo oggi? Chi potrebbe dare quei servizi? Quanti posti a tavola servono per chiudere le cucine di quegli hotel che sono fuori mercato con la pensione completa? Che prospettive abbiamo? Se aspettiamo il PUG arriveremo lunghi e stremati, persi nel buio di una crisi senza fine".
Stefano Benaglia