Con la sentenza depositata il 21 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23/2015 (Jobs Act), nella parte in cui prevedeva un tetto massimo di sei mensilità per l’indennizzo da riconoscere ai lavoratori licenziati illegittimamente nelle imprese sotto i 15 dipendenti.
La Consulta ha così realizzato ciò che i referendum sul lavoro, promossi da CGIL insieme a numerose organizzazioni sociali, puntavano a ottenere attraverso il voto popolare dei referendum dell’8 e 9 giugno scorsi: l’abolizione delle tutele insufficienti per i licenziamenti illegittimi, soprattutto nelle piccole imprese.
Nel dettaglio, la Corte ha ritenuto incostituzionale il tetto rigido delle sei mensilità per violazione di diversi principi fondamentali:
•Ragionevolezza (art. 3 Cost.): il limite non consente di distinguere tra situazioni profondamente diverse;
•Tutela del lavoro (art. 4 e 35 Cost.): l’indennizzo non garantisce una protezione adeguata al lavoratore;
•Effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.): impedisce al giudice di valutare e quantificare il reale danno subito.
Secondo la Corte, la previsione di un tetto rigido vanifica la funzione dissuasiva della norma e impedisce un risarcimento equo e personalizzato, finendo per favorire comportamenti scorretti da parte dei datori di lavoro.
La decisione della Consulta rappresenta un cambio di rotta significativo rispetto alla filosofia del Jobs Act: anche nelle piccole imprese, i giudici potranno ora stabilire indennità più elevate in caso di licenziamento illegittimo, valutando caso per caso, in attesa di un eventuale intervento del legislatore.
Una sentenza che non solo riporta al centro il principio della giustizia individuale, ma rappresenta anche una vittoria simbolica per tutte le lavoratrici e i lavoratori che hanno sostenuto le battaglie referendarie per il ripristino di diritti fondamentali.

Max 9° 




















