Un viaggio nel tempo, dall’archeologia al bicchiere, quello che ha preso vita giovedi 11 Dicembre a Palazzo Montani Antaldi. L’incontro, patrocinato dall’Ente Parco Naturale del Monte San Bartolo e dall’Università degli Studi di Urbino, ha rappresentato un importante momento di approfondimento culturale e di riflessione sul valore storico e identitario di queste colline.
Quando il San Bartolo produceva un vino unico per mano degli arcivescovi
Sacco ha illustrato come, già nel pieno Medioevo, gli arcivescovi di Ravenna possedessero e coltivassero queste colline, raccogliendo le uve provenienti da tutto il territorio del San Bartolo per ottenere un vino unico, frutto di una visione territoriale ampia e unitaria. Una storia che, fin dal primo ascolto, sembra parlare direttamente al presente.
Il parallelo: ieri gli arcivescovi, oggi cinque produttori uniti
È proprio da quella pagina di storia che nasce l’ispirazione dell’iniziativa contemporanea che vede protagoniste cinque realtà del territorio:
Azienda Agricola De Leyva, Azienda Agricola Ranocchi, Azienda Agricola San Bartolo, Azienda Agricola Selvagrossa e l’Istituto d’Istruzione Superiore “A. Cecchi”.
Cinque soggetti che hanno scelto di unire parte delle loro uve per realizzare un vino simbolico, esattamente come avveniva secoli fa: una produzione condivisa, capace di rappresentare il territorio nella sua interezza.
Nasce così Bartolomeus
Il risultato è Bartolomeus, un vino giovane e immediato, ma carico di significati. Un vino che racconta l’identità del San Bartolo, la sua storia millenaria e la volontà di costruire un racconto comune. Durante l’incontro, il pubblico ha potuto degustare il vino, inserendolo in un contesto culturale e storico che ne rafforza il senso e il valore simbolico.
«Come gli arcivescovi raccoglievano le uve da tutto il territorio, anche noi abbiamo scelto di fare lo stesso – spiegano i promotori – perché il San Bartolo merita di essere promosso e valorizzato attraverso un gesto concreto e condiviso».
Una storia che continua
La conferenza ha mostrato non solo il valore storico di queste terre, ma anche come il vino possa diventare un mezzo di promozione culturale.
Bartolomeus non rappresenta un punto di arrivo, ma un punto di partenza: uno strumento attraverso cui accendere l’attenzione sul Parco, stimolare curiosità e costruire nuove occasioni di racconto e valorizzazione.
Il percorso è appena iniziato, ma la direzione è chiara: creare una rete capace di crescere nel tempo e di dare sempre maggiore voce a un territorio che ha ancora molto da esprimere. L’appuntamento di ieri non è stato dunque una conclusione, ma un nuovo tassello di un cammino più ampio, che punta a restituire al San Bartolo il riconoscimento che merita.

Max 9° 




















