"Caro Diario, alla fine lo certifica pure Repubblica in un articolo apparso il 6 Agosto, anche se gli operatori lo dicono invano dall'inizio dell’anno e tutti i fornitori dichiarano un -20% generalizzato: la Riviera non attira più. Addirittura negli staff hotel si registrano le disdette delle camere per lavoratori perchè gli albergatori hanno camere vuote, ad agosto, e possono metterci dentro le loro maestranze.
Tutti gli indicatori puntano ad un fallimento e adesso le strade che si aprono per l’amministrazione sono due: la prima è quella di mantenere la narrazione del “Va Tutto Bene”, forti di presenze virtuali, raccontandoci di un sistema Rimini che a dispetto di tutto rende ancora, anche se mostra criticità. E poi non dimentichiamoci la Notte Rosa nella data di Gradisca è stata un successo addirittura incontrovertibile (cit. Claudio Cecchetto).
L’altra strada è quella di poter finalmente ammettere il fallimento del turismo riminese, ma solo perché è una problematica di sistema, condivisa con tutte le località della romagna, senza dimenticare che anche la Puglia soffre.
Conoscendo lo scenario della narrazione trionfalistica vedo più probabile la prima strada, anche perchè non sia mai certificare un fallimento che è figlio di decenni di immobilismo.
Ma come ci siamo arrivati a questa situazione? Le responsabilità sono tutte delle amministrazioni oppure anche l’economica privata ha delle colpe?
Di sicuro abbiamo smesso di fare sistema e questo ha portato a una situazione di scollamento tra la politica e la vita reale. Gli hotel, che sono quelli che investono di più in pubblicità e che attraggono i turisti, si sono visti aumentare il costo di “acquisizione” di ogni singolo ospite, complice la forte concorrenza online e appunto la poca attrattività della località. Questa condizione li ha spinti a massimizzare il proprio cliente, offrendogli prodotti e servizi che prima poteva trovare solo esternamente: all inclusive con bevande e mangiare illimitato,parchi giochi per bambini, minimarket interni, temporary store di moda, merchandising della destinazione e della struttura, escursioni organizzate e tanto altro.
Le spiagge per “accaparrarsi” clienti hanno deciso di organizzare merende e cene quasi quotidianamente, aprendo chiringuitos che sono più dei bar che dei chioschi, facenti funzione anche di discoteca.
Per carità, tutto legittimo e quasi a norma di legge, ma questa cannibalizzazione totale di funzioni e servizi ha portato ad indebolire le attività economiche della località, che si sono trovati con competitor che offrivano i loro stessi servizi però gratuitamente compresi nel costo dell’hotel o della spiaggia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con la stragrande maggioranza delle attività “etniche” a degradare i nostri lungomari.
Un modello mutuato dai villaggi turistici che ha un costo di gestione importante, che solo strutture grandi possono attuare ma che obbliga i gestori a fare i conti con dei tassi di riempimento sempre elevati, portando ad abbassare il costo camera in maniera significativa pur di riempire la stanza, o di regalare sempre di più nelle spiagge per soffiare un cliente al proprio concorrente diretto. Tutto a discapito dei medi e piccoli imprenditori ma soprattutto sulle spalle delle attività economiche. Lascio volutamente fuori da questo discorso le gestioni criminali, che hanno altri fini e altri obiettivi oltre ad un impatto molto più devastante.
Caro Diario credo sia necessario che la politica smetta di nascondersi dietro a cifre e numeri che appaiono più un insulto all’intelligenza delle persone che ad un vero metro di giudizio sullo stato di salute della nostra città. Numeri che vengono piegati al volere elettorale ma che nascondono il vuoto di pensiero. Possiamo ancora decidere il nostro futuro,ma vanno prese oggi delle decisioni sofferte i cui effetti si vedranno tra qualche anno. Per me è meglio la speranza nella difficoltà che l’agonia dell’immobilismo in cui ci hanno portato".
Stefano Benaglia